BRACCIANO – TRASLOCO?….PROVARE PER CREDERE



Sono arrivato all’undicesimo trasloco della mia vita. Una disgrazia che non auguro neppure a un nemico, supposto che io ne abbia.
La disgrazia, a prima vista, sembrerebbe quella di dovere imballare piatti, bicchieri, suppellettili e quant’altro, in misura da mettere tutto in sicurezza e consentirne il trasferimento.
No! A seconda delle necessità e del volume di cose da spostare, una piccola o grande squadra di addetti ti avvolge le cose nella plastica con le bolle, inscatola e trasporta alla nuova sede. Se non fai attenzione, quelle persone imballano il portacenere che stai usando con tanto di cenere e cicche depositate (è successo per davvero).
Poi, nella casa nuova, sistemati i mobili, ti lasceranno, è vero, alle prese con le cose da disimballare, pulire e mettere a posto; ti lasceranno con tutti i quadri da riappendere perché vanno piazzati a gusto tuo e malgrado i 130 tra chiodi e stopper che ho dovuto piantare per appender cose al muro, devo dire che la disgrazia non è neppure quella.
La disgrazia, quella vera, comincia quando vai a sistemare le tue cose sotto il profilo delle utenze e delle incombenze burocratiche che dobbiamo assolvere.
Ovviamente faccio riferimento al mio personale caso di abitante nel comune di Bracciano, città sul lago a cui da nome, a nord di Roma, al centro di quella Tuscia che, da Romana, diventa Viterbese e dove i paesi di tufo legano la terra al cielo come se fossero opera di bradisismi naturali e non frutto delle mani dell’uomo.
Si comincia con la richiesta di cambio di residenza che, a dire la verità, richiede tempi accettabilissimi all’ufficio Anagrafe, dove il funzionario, giustamente, ti ricorda che, a seguire, devi ottemperare anche alle volture d’utenza per il pagamento della tassa sui rifiuti solidi urbani e, ovviamente, a quella di allaccio alla rete idrica.
L’ufficio tributi destinato all’uopo è dalla parte opposta dell’Ufficio Anagrafe, sul lato opposto di quella che potremmo considerare una sala d’aspetto di circa 4 metri per 4.
Comodo, si direbbe, se non fosse che una folla rassegnata attende il cicalino del numeratore che sta chiamando il numero 21 e tu ti accorgi di avere appena preso il biglietto di prenotazione numero 57.
Passano circa due ore trascorse in piedi, perché in quello spazio esiguo trovano posto una grossa fotocopiatrice “fai da te a pagamento” e non più di 6 vecchie sedie di plastica cedute in uso, con rispetto, ad anziane signore.
Finalmente, grazie anche a coloro che si sono stancati ed hanno abbandonato l’impresa rimandandola ad altra data, riesci ad arrivare allo sportello, dopo che il cicalino, non più aggiornato, è stato sostituito da un utente che, volendo snellire la fila declama: “55!……non c’è?…….56!……..se ne è andato?…. 57!
Piccole cose ti fanno assaporare le gioie della vita e, quando arrivi allo sportello, sei quasi felice che qualcuno che aveva altre cose da fare se ne sia andato e ti abbia fatto recuperare una mezzoretta.
Così, con l’animo predisposto al “volemose bene”, spieghi alla funzionaria le tue cose e lei ti da due moduli da riempire, uno per l’immondizia e l’altro per l’acqua.
Cominci a pensare che , a parte la fila e l’attesa, qualcosa, in questo paese cominci a funzionare come in Svizzera, quando, con sorrisetto a fior di labbra , la signora al di la del vetro ti chiede:”ce l’ha i dati catastali?”
Che figura di cacca! Non uso andare in giro con l’archivio di casa e mi scuso per la mia dabbenaggine con la signora che replica:“Non importa, tanto questi moduli che lei stava compilando, vanno presentati all’Ufficio Protocollo del Comune: quindi lei li porti a casa, li compili e vada a consegnarli a quell’ ufficio assieme alla fotocopia di un suo documento.”
L’Ufficio in questione è da tutt’altra parte, sta a tutt’altro indirizzo, all’interno del bel palazzo comunale che s’affaccia su una piazza che fa da belvedere al famoso castello  Orsini – Odescalchi, più noto al mondo per il matrimonio di Tom Cruise che non per la sua pur ricca storia.
Ci vai volentieri, anche perché la giornata è bella e l’aria profuma già di primavera, fai una breve fila e l’impiegato, in cambio di 3 fogli che gli consegni ( 2 domande + 1 fotocopia di documento), ti consegna due ricevute su carta formato 21×29,7: la prima per  certificare in tre righe che tu hai presentato la domanda A e l’altra, sempre in tre righe, per la domanda B.
Poi, siccome sta a cento metri di distanza, vai all’ufficio postale per chiedere l’attivazione del “seguimi”, cosa che ti consente di ricevere la tua posta al nuovo indirizzo, anche se indirizzata al vecchio.
Prendi il tuo numerino al distributore, premendo il pulsante dedicato a pacchi, raccomandate e servizi al cittadino,aspetti e finalmente scopri che siamo a livelli Kafkiani, perché ti danno dei moduli da riempire, ovviamente a casa tua, dove, in apposite caselle, devi scrivere, per ogni componente del nucleo familiare, data e luogo di nascita, etc, etc e allegare la fotocopia di un documento.
Va tutto bene e in quelle caselle che ciascun componente della famiglia deve firmare, è obbligatorio indicare il codice fiscale di ognuno, codice che, come è noto, è facilmente riscontrabile attraverso i dati anagrafici.
Nossignori!
Poste Italiane chiede la fotocopia, oltre che dei documenti, anche del codice fiscale di tutti i componenti della famiglia e così ritorni a casa, raccogli la tessera sanitaria di tutti, vai a fare le fotocopie, ritorni alla posta, riprendi il numerino, rifai la coda, etc, etc, etc..
Con buona pace dell’ex ministro Brunetta che voleva “semplificare” ed eliminare code e uso spropositato di carta.
E così,mentre un albero piange per la carta buttata, perché sa benissimo che con quest’andazzo finirà in cellulosa anche lui, io mi domando in quale Paese vivo e se in questo paese  la gente usa il cervello, oppure tutti l’hanno già portato all’ammasso.
Il dramma è che non trovo risposta.

Marcello Ramognino [foldergallery folder=”cms/file/BLOG/5934/” title=”5934″]

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