Un attacco frontale alle scelte economiche e sociali del Governo arriva da Stefano Patuanelli, che in un lungo intervento pubblicato sulla propria pagina Facebook denuncia quello che definisce un disegno coerente ma penalizzante per lavoratori, imprese e cittadini. Al centro delle critiche finiscono una nuova ritenuta sui pagamenti tra imprese, le modifiche al sistema pensionistico e i tagli alla sanità, interventi che secondo l’ex ministro vengono presentati con un linguaggio tecnico ma producono effetti molto concreti sulla vita quotidiana.
Patuanelli descrive un approccio che, a suo giudizio, scarica i costi del risanamento dei conti pubblici sulle categorie che producono reddito e usufruiscono dei servizi essenziali, senza affrontare riforme strutturali né una reale strategia di crescita.
La ritenuta dell’1% e la “tassa sulla liquidità”
Nel mirino dell’ex ministro c’è innanzitutto l’introduzione di una ritenuta dell’1% su ogni pagamento tra imprese, definita dal Governo come “anticipo d’imposta”. Una misura che, secondo Patuanelli, equivale in realtà a una tassa sulla liquidità, perché colpisce i flussi di cassa prima ancora che sia possibile sapere se un’attività abbia prodotto utili.
Il prelievo anticipato, osserva, grava in particolare su autonomi, professionisti e piccole e medie imprese che lavorano “di cassa” e non dispongono di rendite o grandi riserve finanziarie. La misura avrebbe gettito proprio perché, implicitamente, lo Stato ammetterebbe che senza un prelievo anticipato una parte delle imposte non verrebbe incassata. Una logica che Patuanelli sintetizza con una formula netta: il contribuente viene considerato colpevole fino a prova contraria.
Pensioni: meno valore ai contributi e assegni rinviati
L’altra area di forte critica riguarda il sistema pensionistico. Secondo quanto evidenziato nel post, dal 2031 i contributi riscattati per la laurea inizieranno a valere progressivamente meno, fino a comportare una perdita di circa due anni e mezzo dal 2035. Un cambiamento che incide direttamente sulle prospettive previdenziali delle generazioni più giovani.
A questo si aggiunge il tema delle decorrenze: anche una volta maturati i requisiti, la pensione non partirebbe più immediatamente, ma slitterebbe di mesi, fino a un massimo di sei. Per Patuanelli non si tratta di una vera riforma, ma di un rinvio sistematico dell’assegno, che consente allo Stato di risparmiare nel breve periodo scaricando i costi sul futuro. Una scelta che, sottolinea, sarebbe stata inserita nei commi per evitare un confronto politico aperto.
Sanità e farmaci innovativi sotto pressione
Il terzo fronte riguarda la sanità. Nel maxi-emendamento alla manovra, evidenzia Patuanelli, è previsto un taglio di 140 milioni di euro l’anno al Fondo per i farmaci innovativi a partire dal 2026. Una riduzione che colpirebbe direttamente terapie oncologiche, cure avanzate e farmaci salvavita.
Altro che potenziamento del Servizio sanitario nazionale, sostiene l’ex ministro: in questo caso si farebbe cassa anche sulla salute, riducendo le risorse destinate a uno dei settori più sensibili per i cittadini.
“Non serietà di bilancio, ma sfiducia verso i cittadini”
Nel quadro tracciato da Patuanelli, le singole misure compongono un disegno chiaro. Si anticipano le tasse a chi produce reddito, si rinvia l’accesso alla pensione a chi ha lavorato una vita e si riducono le risorse per chi si ammala. Tutto, secondo l’accusa, senza dichiararlo apertamente, ma mascherando gli effetti reali dietro termini tecnici come “acconto”, “decorrenza” e “rimodulazione”.
Per l’ex ministro, questa impostazione non rappresenta serietà di bilancio, bensì una sfiducia istituzionalizzata nei confronti di lavoratori, imprese e cittadini. Uno Stato che, conclude, non investe, non riforma e non cresce, ma preferisce incassare prima, pagare dopo e tagliare dove il rumore è minore.










