Ieri Roma si è svegliata transfemminista.
L’ha fatto grazie alle sorelle, alle compagne ed a tuttə quelle persone che hanno sfilato lungo le vie della città urlando a gran voce che la nostra vita la riprendiamo in mano oggi.
Non una di meno:
Nessuno più di noi può sapere cosa possa significare essere oggetto di molestie, di violenze psicologiche, di violenze fisiche, di essere letteralmente “predate” dall’uomo o dagli uomini di turno.
Quante volte abbiamo dovuto prendere le chiavi in mano per essere sicure di non rischiare niente o di dover urlare e chiedere aiuto a qualche sconosciuto/a per strada. Oppure sentirci più serene anche solo fingendo una telefonata.
Non abbiamo più voglia di fingere
Non abbiamo più voglia di subire
Non abbiamo più voglia di dover scappare
Non abbiamo più voglia di essere le colpevoli
Non abbiamo più voglia di non poter vivere la nostra piena libertà
Non ne abbiamo più voglia, se mai ne abbiamo avuta.
Questo è solo tutto lo schifo che subiamo ogni giorno.
E ieri in Piazza il grido era feroce
era rivolto a chi ribalta le narrazione e racconta che una nostra sorella uccisa è una sorella che se l’è cercata.
È una sorella che non ha saputo immaginare cosa le potesse accadere.
E invece, lo sappiamo sempre molto bene quello che può accadere.
Così fottutamente bene che alcuni sguardi ed alcune parole sono rappresentativi di quello che potrebbe succedere.
Semplicemente molte volte non basta chiedere aiuto,
perché la famiglia o sminuisce oppure non riesce a proteggere fino in fondo,
perché non è mai facile raccontare una violenza che abbiamo subito, che sia personale o psicologica, addirittura alle nostre amiche ed amici più cari
E perché, prima di tutto, c’è uno Stato colpevole
fino al midollo
connivente con le violenze e con i femminicidi che sono all’ordine del giorno.
Non basta una giornata per dirvi tutto quello che abbiamo in corpo, ma ieri è stato un altro punto di ripartenza.
Siamo marea e la nostra rabbia cambierà il mondo!
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