Mercato del lavoro, in Italia dominano i contratti a termine

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A un’analisi parziale e superficiale, i dati sull’occupazione in Italia recentemente rivelati dall’Istat possono apparire positivi e lusinghieri, con tanti segni più; in realtà, basta guardare il dettaglio delle voci sulle tipologie di contratto stipulate negli ultimi mesi per scoprire che la tendenza deriva in maniera prevalente dal boom del lavoro a tempo determinato.

Il quadro del Mercato del lavoro

Insomma, nel nostro Paese continua a prevalere la precarietà nei rapporti di lavoro: l’ultima trimestrale sulle tendenze dell’occupazione redatta dall’Istat, in particolare, sottolinea come “si continua a registrare un aumento tendenziale dell’occupazione (+ 303 mila) a fronte della diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-71 mila) e, soprattutto, degli inattivi (- 300 mila)”. Non tutto però è così “ottimistico”, come detto.

Pochi contratti indeterminati. Nello stesso periodo, infatti, bisogna prestare attenzione al fatto che l’aumento congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti deriva in maniera netta dall’incremento delle forme di contratto a tempo determinato (più 81 mila posizioni), mentre invece quelle a tempo indeterminato sono addirittura diminuite di seimila unità. In termini percentuali, questo significa che l’incidenza delle forme a termine è vicina al 78 per cento delle attivazioni totali, un fattore che getta ombre sulla situazione del mercato del lavoro lungo lo Stivale.

Boom per il contratto a chiamata. Nell’ultimo trimestre, in particolare, è proseguito il trend a rialzo di tutte le modalità di lavoro a chiamata e a termine, soprattutto a seguito dell’abrogazione dei voucher: in dettaglio, alla fine del mese di settembre i lavoratori complessivamente impegnati in attività “intermittenti” – o, per dire in termini più tecnici, come ci ricorda il portale di consulenza legale online AvvocatoAccanto, in forme di contratto a chiamata – hanno raggiunto quota 217 mila in tutta Italia, con un’impennata di 95 mila unità in appena un anno. Segno più anche per il numero dei lavoratori somministrati, aumentati di un quarto sempre su base annua.

Eppur si muove. Tornando al quadro generale dell’occupazione in Italia, le stime dell’Istat rivelano che rispetto al secondo trimestre dell’anno che ormai sta per finire il tasso è salito di 0,2 punti percentuali, arrivando al 58,1 per cento; al netto della stagionalità, i dati comunque mostrano una sostanziale stabilità del numero di occupati rispetto a settembre. Effettuando il confronto con l’anno scorso, invece, l’incremento è più netto, con più 303.000 occupati (+ 1,3 per cento), frutto però come detto di una crescita di circoscritta ai dipendenti, soprattutto a termine, e di una nuova diminuzione dei contratti indipendenti.

Un po’ di ottimismo. È proprio l’istituto di ricerca, poi, a rimarcare come in valori assoluti l’aumento sia più consistente per gli occupati a tempo pieno, mentre il tempo parziale è aumentato soprattutto nella componente volontaria. Sempre sul fronte generale, la ripresa del mercato del lavoro ha interessato entrambi i generi e tutte le ripartizioni, risultando lievemente più intensa per le donne e nel Mezzogiorno.

Stabili disoccupati e inattivi. Un altro elemento su cuoi soffermare l’attenzione è la stabilità del tasso di disoccupazione, che ha arrestato il calo registrato in due trimestri consecutivi (mentre è diminuito di 0,4 punti rispetto a un anno prima); stabili anche i tassi degli inattivi, che però nel confronto annuale tendenziale diminuiscono di 300 mila unità.

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