BRACCIANO – LA CHIUSURA DEI REPARTI AL “PADRE PIO” BASATA SU DATI FALSATI?



La riconversione dell’ospedale Padre Pio enunciata nel nuovo Piano di rientro sanitario del Lazio presentato il 30 settembre al Governo, ha scatenato molta indignazione all’interno della politica territoriale. Sindaci, consiglieri di maggioranza e opposizione dei comuni che si affacciano sul lago e sul litorale, consiglieri provinciali, rappresentanti di Partito hanno inviato lettere in Regione a al Governo, hanno convocato consigli comunali urgenti, si sono posti alla testa di lunghi cortei e diramato comunicati stampa a non finire. La politica ha seguito anche in questa triste occasione il suo naturale corso  e si è proposta, senza bandiere o connotazioni di sorta, quale artefice di una lotta dichiarata in più occasioni esclusivamente di “indirizzo sociale”.
L’indignazione coinvolge (o dovrebbe coinvolgere) tutti i potenziali utenti e gli effettivi operatori di un servizio tanto indispensabile  alla salute pubblica, lo stesso servizio che il Piano di rientro ha delineato con  una riconversione a tutt’ oggi scarsamente illustrata e ancor peggio dubbiamente motivata. Che fine farà l’ospedale Padre Pio? Perché si è arrivati al punto di chiudere i reparti del nosocomio? Sulla base di quali dati si è delineata la riconversione? Mercoledì scorso, durante il comizio di protesta contro il decreto Polverini, le voci più ascoltate, condivise e applaudite sono state quelle dei sanitari che nell’ospedale braccianese ci lavorano da parecchi anni perché hanno fornito degli inquietanti elementi chiarificatori.
“Riusciremo ad avere un’assistenza infermieristica – ha detto il medico Fernando – tutti i malati del nostro territorio andranno a curarsi a Roma o in luoghi distanti e quando avranno bisogno di terapia si fermeranno all’ospedale di Bracciano, questa è la riconversione, che non ha niente a vedere con la riqualificazione”. “Il pronto soccorso diventerà un punto di primo intervento – ha detto Mauro – Ladispoli conosce bene la differenza, non ci sarà la disponibilità di un anestesista, di un chirurgo, di un ortopedico,  ma solo di un’ambulanza  che caricherà e porterà il paziente in qualche ospedale di Roma dove ci saranno 10 ore di attesa, perché se non ci sono posti adesso figuriamoci dopo la chiusura di altri 24 ospedali della provincia. L’ospedale Padre Pio è stato progressivamente smantellato e umiliato dalle amministrazioni regionali, dall’incuria bipartisan delle amministrazioni locali – ha accusato l’infermiere – in 20 anni questo nosocomio  ha perso dagli 80 ai 90 posti letto, ha perso servizi, tutto a favore di un territorio che non è il nostro. Civitavecchia ci ha portato via primari, infermieri, fondi, anche delle piante dell’ingresso dell’ospedale si è appropriata, e le persone che sono rimaste hanno cercato di tenere la rotta, di avere una linea di galleggiamento”.
 “In questa struttura hanno salvato mio padre e mio zio, quando mai sarebbero arrivati in un ospedale di Roma – ha aggiunto una collega di Mauro – l’altra notte abbiamo fatto quattro trasferimenti ad Acquapendente, gli ammalati mi guardavano e mi dicevano mettimi su una barella, non ci mandare a 120 chilometri, una persona anziana chi la guarda a 120 chilometri?”
 “Con questo tipo di operazione proposto dalla Regione il risparmio è solo di 30 milioni di euro su un miliardo di debito– ha detto la dottoressa Ingrid – e la riconversione dell’ospedale di Bracciano lascia un grande vuoto a nord ovest di Roma assolutamente non riempito da alcuna struttura. Inoltre, come tutti i miei colleghi, mi sono letta il decreto della Polverini per quanto riguarda i dati relativi all’ospedale di Bracciano ed ho riscontrato che esistono delle vere bugie.  Nel Piano c’è scritto che il 39 per cento delle persone che si rivolgono all’ospedale di Bracciano rifiutano il ricovero, non è vero – ha continuato il chirurgo – i dati dicono che solo l’8, 4 per cento  delle persone che si rivolgono al pronto soccorso rifiutano il ricovero, ma lo rifiutano perché non c’è posto e devono essere mandati in altri ospedali”. La dottoressa Ingrid si è chiesta chi è stato a fornire questi dati e il motivo per il quale “sono stati palesemente falsati”. Sullo stesso argomento si è indirizzato il Tribunale per i diritti del malato che si è rivolto all’attuale dirigenza aziendale, alle organizzazioni dei medici ed ai sindaci affinché richiedano alla Regione un incontro urgente per verificare la veridicità dei dati inviati dagli uffici della Roma F in base ai quali è stata programmata la riconversione dell’Ospedale. “Anche gli operatori del pronto soccorso hanno inviato una lettera ai nostri dirigenti – ha concluso il medico – perché il motivo per il quale si basa la chiusura dell’ospedale  è che i cittadini di Bracciano e dei paesi limitrofi non si vogliono ricoverare in questa struttura”.
Infatti, la “scarsa capacità di filtro al ricovero”, unita alla “scarsa capacità di contenimento della domanda del proprio territorio” come trascritto nel decreto, sarebbero le cause principali della chiusura dei reparti. Ma è possibile che a qualcuno non sia venuto in mente che se anche fossero effettivi i 77 posti letto dichiarati ed eliminati con il decreto, le 60 persone che quotidianamente affollano il pronto soccorso non potrebbero essere ricoverate al Padre Pio per mancanza di posti e che il rifiuto sia dovuto esclusivamente al fatto che non vogliono essere trasferiti a parecchie decine di chilometri, fra l’altro con inesistente collegamento pubblico locale su gomma e con una percorrenza media che varia dai 45 ai 55 minuti traffico escluso? Sul fatto che il San Paolo di Civitavecchia si sia inghiottito gran parte degli scarsi fondi destinati alla Asl Rm F lo conferma la Conte dei Conti nella relazione presentata il 3 luglio 2008. Nell’anno 2007 i ricoveri ordinari al San Paolo sono stati 5.752, al Padre Pio 3.232 con una spesa ordinaria di 17.093.276 per il nosocomio di Civitavecchia e 7.537.281 per quello di Bracciano con un costo per ricovero rispettivo di 2.971 e 2.332 euro. I ricoveri in day hospital hanno registrato 1.513 utenti per il primo e 450 per il secondo con una spesa di 1.913.156 e 320.665, costo medio del ricovero 1.264 e 712 euro. Dal totale del budget si può chiaramente desumere la sproporzione di spesa. Sproporzione che si è registrata negli anni anche per quanto riguarda i finanziamenti dirottati a Civitavecchia per la realizzazione di lavori, ampliamento di strutture e incremento di personale e macchinari, mentre a Bracciano si accorpavano i bagni uomini donne nella unica corsia di chirurgia, il riscaldamento funzionava a singhiozzo, le finestre non si chiudevano del tutto, delle bacinelle raccoglievano l’acqua che cadeva dalle infiltrazioni del soffitto, il pavimento di alcune corsie e stanze era dismesso e si chiudeva il reparto di ostetricia per mancanza di medici.
Negli ultimi anni l’ospedale si è retto solo grazie alla volontà e alla tenacia di una grossa fetta di persone che ci lavorano. E’ grazie a loro che si sono salvate tante vite umane, malati che se trasportati altrove non avrebbero potuto raccontare oggi con quanta professionalità e amore sono stati curati al Padre Pio. E se da una parte la ragione dei dati (accoratamente e doverosamente da verificare) predispone una chiusura del servizio al quale corrisponde un bacino di utenza di 120mila persone triplicate nel periodo estivo, dall’altro la ragione sociale rivendica il diritto sacrosanto alla salute e all’assistenza perché, come dice il medico Fernando, “il debito non l’ha fatto il contribuente”, dunque non ci si può accollare le responsabilità di chi per errore, distrazione, incapacità o altro, non ha saputo far quadrare i conti della sanità laziale.

    Iris Novello
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