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Il ritorno tossico della propaganda

Il ritorno tossico della propaganda

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Sembrava, per un lungo periodo, che la propaganda fosse relegata a fenomeno storico, una reliquia di remote dittature che potevamo osservare con crescente distacco. Dopo il trionfo de “La force tranquille” di Mitterrand nel 1981, fino allo “Yes we can” di Obama nel 2008, si era diffusa l’illusione che la rozza e brutale propaganda stesse scomparendo.

Tale previsione si è rivelata sbagliata. Oggi, la propaganda riemerge, più tossica che mai, affiancata dalle sue assistenti fondamentali: la manipolazione (pressione psicologica basata sull’inganno e volta a sfruttare i punti deboli della vittima) e la disinformazione (diffusione mirata di notizie false o fuorvianti).

È cruciale osservare da vicino il funzionamento della propaganda, poiché essa rappresenta il lato più oscuro della comunicazione persuasiva.

La linea sottile tra persuasione e menzogna.

La comunicazione persuasiva, che si avvale delle emozioni per modificare comportamenti e orientare opinioni, è una componente essenziale del nostro essere sociali; fa parte del modo in cui gli individui interagiscono, negoziano e si influenzano reciprocamente attraverso il linguaggio. Il problema intrinseco della propaganda, tuttavia, non risiede nel fatto che essa “persuade le persone”, il problema vero è che la propaganda persuade le persone di cose false e per raggiungere il suo scopo disinforma e manipola, facendo leva principalmente sulla paura e sulla minaccia.

La pratica del persuadere, etimologicamente, è una pratica essenzialmente gentile, la via scelta da chi desidera convincere qualcuno a compiere un’azione e a deciderla autonomamente, senza coercizione.

Questo principio si ricollega alle origini democratiche della retorica, l’arte antichissima di formulare discorsi convincenti che nacque nel 465 a.C. a Siracusa, in Sicilia, dopo la caduta del tiranno Trasibulo. Quando i cittadini, con l’avvento della democrazia, dovettero ricorrere ai tribunali per rientrare in possesso dei loro terreni, espropriati ingiustamente, i retori Corace e Tisia scrissero il primo manuale sull’arte del parlare in modo convincente.

La retorica nacque dunque come strumento di discussione democratica, finalizzato a difendere i cittadini persuadendo i giudici attraverso la migliore presentazione possibile dei fatti. Regole poi formalizzate da figure come Aristotele e Cicerone, il quale insegnò che il bravo oratore deve saper docere o probare (istruire o provare), delectare (intrattenere) e movere o flectere (emozionare o convincere).

Ognuno di noi pratica quotidianamente forme di comunicazione persuasiva: che si tratti dell’avvocato che difende il cliente, dell’innamorato che si produce in una dichiarazione accorata, del medico che invita a una dieta sana, o della madre che convince il figlio a fare i compiti. Anche imprese, partiti politici, associazioni e Stati usano queste forme veicolandole attraverso i media, ma quando l’influenza gioca sporco, subentra la propaganda.

Propaganda vs. Pubblicità: ideologia e nemico.

Se l’arte della persuasione è millenaria, il termine “propaganda” è relativamente moderno, coniato nel 1622 con l’istituzione della Sacra congregazione de propaganda fide da parte di Papa Gregorio XV per contrastare la Riforma protestante. La pratica, tuttavia, si è affermata e affinata tra la fine dell’Ottocento (si pensi a Gustave Le Bon e la Psicologia delle folle) e le due Guerre Mondiali, consolidandosi durante la Guerra fredda.

Alcuni autori considerano la pubblicità – commerciale o istituzionale – una forma di propaganda “bianca,” poiché la fonte è identificabile, l’intento persuasivo è dichiarato e le argomentazioni sono lecite. È però più utile definire pubblicità la parte “bianca” e propaganda la parte “grigia o nera” della comunicazione persuasiva di massa.

Entrambe condividono l’uso di spettacolarizzazione, semplificazione, leve emozionali, metafore e parole d’ordine ripetute. Ma le differenze sono cruciali:

Caratteristiche Propaganda Pubblicità
Natura Ideologica e imperativa Laica e seduttiva
Emozioni sfruttate Rabbia e paura (forti e incontrollabili) Serenità e appagamento (blande e gestibili)
Tono Cupo, intenso, concitato, aggressivo e minaccioso – punta all’omologazione e all’adesione Amichevole, sorridente, autorevole, rassicurante, conciliante – invita il consumatore a esprimere sé stesso
Obiettivo Indurre adesione a un’ideologia, rivolgendosi a una massa indistinta di sudditi Stimolare la scelta individuale, promettendo un sogno e un percorso “verso” la realizzazione personale

Per sostenere il proprio sistema di argomentazioni, la propaganda necessita imprescindibilmente di un Nemico. Se il nemico non esiste, viene costruito attraverso la svalutazione, la calunnia, la disinformazione e la menzogna, fino a renderlo percepito come reale, pericoloso e onnipresente. Come notava Umberto Eco, avere un nemico è fondamentale non solo per definire la propria identità, ma anche per misurare il proprio sistema di valori. La propaganda, quindi, riguarda la lotta e lo schierarsi “contro”. La pubblicità, al contrario, evoca un sogno, qualcosa che non c’è, ma che è piacevole immaginare, riguardando il desiderio e l’andare “verso” la sua realizzazione.

Indizi per smascherare la tossicità.

Come si può individuare con certezza un messaggio di propaganda, anche quando appare seducente?

  1. Tono e urgenza: se il tono è cupo, urgente e imperativo, è probabile che sia
  2. Dati e fonti: se i dati citati sono confusi, parziali o presentati in modo fuorviante e se le fonti non sono chiare, certe e verificabili, è molto probabile che si tratti di propaganda. Questo è ancora più vero se la disinformazione è consapevole e reiterata.
  3. Il Nemico: se il messaggio si legittima evocando un Nemico (tanto più orribile e pervasivo, tanto meglio), si è di sicuro di fronte a propaganda.
  4. Adesione acritica: è indubbiamente propaganda se impone un’adesione acritica, totale e assoluta a un sistema di idee, minacciando sanzioni contro chi non vi aderisce.

In conclusione, è fondamentale ricordare che si può sempre scegliere se farsi o meno persuadere, ma è imperativo diffidare di chi non lascia alcuno spazio alla scelta.

Soprattutto, è necessario verificare sempre i dati, le informazioni e le fonti: anche se molte persone sono persuase di qualcosa, ciò non significa che sia la cosa giusta.

Questi ultimi anni, avrebbero dovuto insegnarci qualcosa. O, forse no?

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