Perché le squadre italiane sono tornate forti in Europa?

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La stagione calcistica 2022-23 ha visto il Rinascimento del calcio italiano in Europa, nonostante il mancato lieto fine. Cinque squadre semifinaliste e tre finaliste hanno ricordato molto da vicino i fasti degli anni ‘80 e ‘90, quando le squadre italiane di club dominavano i tornei continentali, e anche la stagione in corso sembra promettere molto bene, a dimostrazione che l’exploit dell’anno passato non è stato un episodio. Ma perché le squadre italiane sono tornate forti in Europa, proprio mentre la Nazionale (che è comunque campione d’Europa in carica) mancava per la seconda volta consecutiva la qualificazione ai mondiali? Probabilmente di motivi ce ne sono più di uno.

2022-23: il grande ritorno delle squadre italiane in Europa

Complessivamente nel 2022-23 le squadre italiane hanno chiuso il ranking UEFA al secondo posto assoluto, a una manciata di decimi dalla super potenza Inghilterra ma davanti alla Germania e soprattutto alla Spagna, che non sopravanzavamo addirittura dal 2005-06. Su sette squadre partecipanti alle coppe europee, ben cinque sono giunte almeno in semifinale e un’altra, il Napoli, è è spinta fino ai quarti arrendendosi al Milan nello scontro fratricida. I rossoneri e la Juventus si sono poi fermate al penultimo atto dei rispettivi tornei, contrariamente a Inter, Roma e Fiorentina che sono arrivate a giocarsi le finali di Champions, Europa e Conference League, perdendole tutte. Insomma, è mancata solamente la ciliegina di alzare almeno un trofeo, ma l’annata è stata memorabile. Con buone possibilità di ripeterla nel 2023-24, viste le premesse, anche se difficilmente riporteremo tre squadre in finale.

Eppure non c’erano particolari segnali che indicavano una svolta talmente clamorosa. La stagione precedente, quella 2021-22, era stata appena discreta con il 6° posto nel ranking stagionale dovuto quasi tutto alla vittoria della Roma nella neonata Conference League, un bel risultato per i giallorossi ma poco rappresentativo a livello generale vista la relativa competitività della nuova manifestazione. Per il resto in Champions nessun club italiano aveva superato gli ottavi e in Europa League il miglior risultato l’aveva ottenuto l’Atalanta con i quarti di finale. Davvero poca roba. Quindi cos’è cambiato da un anno all’altro?

Il calcio italiano è davvero poco competitivo?

Si dice che il campionato italiano sia poco competitivo rispetto ad altre leghe. Probabilmente è vero ma fino a un certo punto. In Italia, si sa, girano meno soldi (con la Premier League c’è un abisso a livello di fatturato) ma dove mancano i soldi possono arrivare le idee. Che possono consistere nel rigenerare calciatori che altrove ritenevano bolliti (Olivier Giroud e Henrikh Mkhitaryan, solo per fare due nomi, vi dicono qualcosa?) o nell’affidarsi alla tattica dove non arriva la tecnica. Del resto se gli allenatori di casa nostra sono molto ambiti all’estero, qualcosa vorrà pur dire.

Gli allenatori italiani sono più preparati

Facciamo un esempio: abbiamo visto recentemente la bella vittoria del Milan di Pioli sulla corazzata Paris St.Germain per 2-1. Sulla carta, contro Mbappè e soci, non doveva esserci partita a favore dei francesi. E invece il Milan ha vinto meritatamente e senza un paio di prodezze dell’ex Donnarumma il divario poteva essere più ampio. L’aspetto che ci ha colpito di più è stato l’atteggiamento in campo del PSG, che sembrava non aver minimamente preparato la partita. Nel senso che il Milan ha poche armi ma molto pericolose, e la più pericolosa di tutte è la velocità di Rafael Leão. Nonostante questo, dal primo all’ultimo minuto della partita i francesi hanno permesso a Leão di giocare esattamente come voleva, cioè a campo aperto. E il portoghese ne ha giustamente approfittato facendo a pezzi la difesa avversaria. Ebbene, state tranquilli che nessun allenatore italiano, o quasi, avrebbe lasciato tutti quegli spazi a Leão. Non l’avrebbe fatto Inzaghi, non l’avrebbe fatto Allegri, non l’avrebbero fatto anche altri (poi Leão è un fenomeno e gli spazi è bravo pure a trovarseli da solo, ma proprio per questo non andrebbe facilitato con una tattica suicida). Dall’altra parte, invece, Pioli è stato abilissimo a organizzare un sistematico raddoppio di marcatura su Mbappè, come peraltro aveva già fatto  la stagione scorsa con Kvaratskhelia, limitando di fatto il francese e mandando in fumo tutte le scommesse Champions League che davano favoriti i parigini. La differenza tra chi studia l’avversario e chi no.

L’atteggiamento più propositivo alla base dell’exploit dei club italiani

Però attenzione: l’abilità tattica degli allenatori italiani non si ferma solamente alla fase difensiva, perché alcuni hanno dimostrando di saper anche proporre un ottimo calcio propositivo, al passo coi tempi. Ed è questo uno dei motivi che ha permesso alle squadre italiane di tornare forti in Europa. Simone Inzaghi sarà arrivato in finale approfittando di un tabellone benevolo, ma l’Inter la fortuna se l’è meritata giocando una partita gagliarda al Camp Nou nel girone iniziale, dove ha segnato 3 gol e ne ha sfiorati altrettanti. E i nerazzurri, durante tutto il percorso in Champions compresa la finale contro il fortissimo City, non hanno mai rinunciato a imporre il proprio gioco, soffrendo solo quando c’era da soffrire (in campo ci sono pure gli avversari, ogni tanto è bene ricordarselo).

Che dire poi del meraviglioso Napoli di Spalletti, che per lunghi tratti della scorsa stagione ha disegnato il miglior calcio d’Europa, dando lezioni perfino a un guru della panchina come Jurgen Klopp? O delle idee moderne di Vincenzo Italiano che hanno condotto la Fiorentina a una finale europea dopo 33 anni? E vogliamo parlare delle magie che stanno compiendo Roberto De Zerbi al Brighton e Francesco Farioli al Nizza? La morale è che nessun allenatore al mondo è contento di avere come avversario un allenatore italiano…

Le squadre italiane vincono perché, tutto sommato, sono forti

Sfatiamo poi un altro luogo comune: le squadre italiane non sono così scarse rispetto alla concorrenza. E quindi certi risultati non devono sorprendere. Anche senza potersi permettere acquisti da 100 milioni di euro, i nostri club, per lo meno i 5-6 migliori, sono composti da calciatori di grande livello internazionale, in grado di giocarsela con tutti o quasi. Ok, probabilmente City, Real Madrid e Bayern sono un gradino sopra, ma con gli altri grandi club d’Europa c’è poca o forse nessuna differenza. L’hanno dimostrato l’Inter contro il Barcellona, il Napoli contro il Liverpool e il Milan contro il PSG, ma ci sono anche altri esempi. Un ottimo materiale umano, una maggior consapevolezza nei propri mezzi, un approccio più moderno e propositivo e una sagacia tattica superiore alla media: sono queste, in conclusione, le ragioni del grande ritorno delle squadre italiane in Europa. Che adesso dev’essere consolidato con la conquista di un grande trofeo.

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