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“Negrostore”, droga su Telegram pagata in bitcoin e spedita per posta, tre arresti tra Roma e Fiumicino

“Negrostore”, droga su Telegram pagata in bitcoin e spedita per posta, tre arresti tra Roma e Fiumicino

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Un canale Telegram, pagamenti in criptovalute, hashish di alta qualità e un appartamento trasformato in base logistica a Fiumicino. È questo lo scenario emerso dall’indagine dei Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma-Eur, in collaborazione con la Sezione Criptovalute del Comando Antifalsificazione Monetaria, coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma.
L’operazione, culminata con tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, ha smantellato un sofisticato sistema di spaccio di droga online, capace di muovere denaro e sostanze con una struttura organizzata e modalità proprie dell’e-commerce illegale 3.0.

La darknet “di superficie”: Telegram come marketplace della droga

Gli investigatori hanno scoperto che il gruppo gestiva canali Telegram dal nome “Negrostore”, ma anche “Drugstorechannel” e “DrugstoreRome”, vere e proprie vetrine virtuali dove i clienti potevano scegliere la qualità della sostanza da acquistare: hashish di primissima scelta, come le varietà “Premium Gusher”, “Cream Mousse”, “Dry X30” e “San Fernando Farm Dry”.

Una volta completato l’ordine, il pagamento avveniva in bitcoin, su wallet digitali anonimi, rendendo quasi impossibile risalire ai flussi di denaro. La consegna, poi, seguiva un sistema altrettanto rodato: plichi postali confezionati e spediti tramite corrieri, con etichette dei servizi di spedizione perfettamente riprodotte per non destare sospetti.

Dietro le apparenze di una rete “artigianale” si nascondeva invece una struttura criminale organizzata, con ruoli definiti e competenze specifiche.

Il gruppo e il “Bancomobile Decentralizzato”

Le indagini, avviate nel 2023, hanno preso avvio dall’analisi di una piattaforma di exchange intestata a Li Jianwu, cittadino cinese noto come Franco Lee, già arrestato nel giugno 2024 e poi condannato a tre anni e otto mesi per riciclaggio. Figura ambigua, Lee si presentava online come “Bancomobile Decentralizzato disponibile 24 ore su 24”, e sui suoi canali movimentava circa 9 milioni di euro in criptovalute.

Attraverso i suoi wallet, secondo gli inquirenti, transitavano i pagamenti dei clienti di Fabio Pompei, 49 anni, Damiano De Santis, 27, e Claudio Cirelli, 31: i tre uomini ora finiti in carcere.
Pompei, conosciuto con il soprannome “Er Negro”, sarebbe stato il gestore dei canali Telegram e Instagram dedicati alle vendite, mentre De Santis e Cirelli si occupavano rispettivamente della logistica e dello stoccaggio.

Il covo di Fiumicino: base logistica e deposito della droga

Il cuore dell’operazione era un appartamento alla periferia di Roma, a Fiumicino, usato come base logistica e magazzino per la conservazione e il confezionamento della droga. Qui i militari, durante le perquisizioni, hanno trovato 15 chili di hashish, una pistola semiautomatica calibro 9 con matricola abrasa, sei flaconi di Rivotril, cinque bombe carta e materiale per il confezionamento.

La droga veniva divisa in piccoli quantitativi, sigillata, etichettata e preparata per la spedizione. L’obiettivo era chiaro: mantenere un flusso costante di ordini e consegne con la stessa precisione e discrezione di un servizio di vendita online.

Criptovalute e riciclaggio

Gli accertamenti hanno rivelato che le criptovalute incassate venivano riciclate e convertite in denaro contante proprio da Franco Lee, tramite una serie di operazioni mirate a ostacolare la tracciabilità della provenienza delittuosa.
Il denaro, una volta “ripulito”, veniva reimmesso nei circuiti finanziari legali, chiudendo il cerchio di un sistema che univa spaccio, tecnologia e finanza decentralizzata.

Secondo la Procura, si tratta di un caso emblematico del nuovo volto del narcotraffico digitale: un’evoluzione del dark web, dove non serve più navigare nell’anonimato del deep web per acquistare droga — basta un canale Telegram e un wallet Bitcoin.

L’indagine e le misure cautelari

L’indagine, diretta dai magistrati della Procura di Roma – Dipartimento “Criminalità diffusa e grave”, ha documentato il modus operandi del sodalizio criminale e le sue ramificazioni in altre città italiane.
Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma ha quindi disposto la custodia cautelare in carcere per i tre uomini, con l’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti in concorso e, per uno di loro, anche di riciclaggio e autoriciclaggio.

Durante l’esecuzione del provvedimento, i Carabinieri hanno effettuato perquisizioni personali, domiciliari e informatiche, recuperando elementi utili per ricostruire la rete dei clienti e i canali di approvvigionamento della droga.

Va ricordato che le misure cautelari sono atti delle indagini preliminari e che gli indagati sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva.

Un modello di spaccio 4.0

Il caso “Negrostore” segna una nuova frontiera dello spaccio digitale, dove la rete, i social e le criptovalute diventano strumenti per sfuggire ai controlli tradizionali.
Una rete che parla il linguaggio dell’economia digitale, ma che continua a ruotare attorno a un vecchio paradigma: vendere droga e riciclare denaro, oggi però con l’efficienza di una piattaforma tech.

Come sottolineano gli inquirenti, la lotta al narcotraffico passa sempre più spesso per il cybercrime e richiede competenze trasversali tra finanza, informatica e investigazione. Perché, dietro un nickname o un wallet crittografato, può nascondersi un intero mercato nero con spedizione express.

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Il presente comunicato si trasmette al fine di garantire il diritto di cronaca costituzionalmente garantito e nel rispetto dei diritti dell’indagata che, in considerazione dell’attuale fase di indagini preliminari, è da presumersi innocente fino a sentenza irrevocabile che ne accerti la colpevolezza.

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