Strage di Altavilla Milicia: il bimbo ucciso dopo torture e interrogatori, la madre aveva chiesto aiuto al 112

Strage di Altavilla Milicia: il bimbo ucciso dopo torture e interrogatori, la madre aveva chiesto aiuto al 112

Un’intera famiglia sterminata in nome di un presunto “rito di purificazione”. È quanto emerge con crescente orrore dal processo in corso a Palermo per la strage di Altavilla Milicia, avvenuta nel febbraio 2024. Tra le vittime: Antonella Salamone, 40 anni, e i suoi due figli, Emmanuel, di appena 5 anni, e Kevin, 16 anni. A ucciderli, secondo gli inquirenti, sarebbero stati il padre dei ragazzi, Giovanni Barreca, e i suoi due complici, Sabrina Fina e Massimo Carandente, nell’ambito di un folle rituale religioso contro il “male”.

Il piccolo Emmanuel “interrogato” e condannato a morte

Durante il processo sono stati acquisiti messaggi, video e chat tra gli imputati. Tra le prove più scioccanti, un filmato in cui il piccolo Emmanuel viene sottoposto a un interrogatorio dagli adulti: “Chi ti ha mandato?”, gli chiedono. Il bimbo, terrorizzato, risponde: “Il diavolo”. Poco dopo, viene torturato e condannato a morte, perché ritenuto posseduto. Un’esecuzione pianificata nei dettagli, accompagnata da conversazioni deliranti condivise su Messenger e Facebook, in cui gli imputati parlavano di “legioni di demoni”, “spiriti di morte” e “possessioni sataniche”.

A morte”, scriveva Sabrina Fina in un messaggio a Carandente già il 3 febbraio, cinque giorni prima dei delitti. In un altro messaggio, Carandente annunciava: “Satana, Jezebel, incredulità e oltre 4 mila demoni hanno preso prima la moglie, poi il bambino”. Un’ossessione che, secondo l’accusa, si è trasformata in un tripudio di violenza.

Una chiamata ignorata: Antonella chiedeva aiuto

La prima vittima fu proprio Antonella Salamone, la madre dei ragazzi. Sequestrata, torturata e poi bruciata nel giardino della villetta, la donna aveva tentato disperatamente di salvarsi. La notte tra il 6 e il 7 febbraio era riuscita a chiamare il 112: “Aiuto carabinieri, aiuto”, aveva detto prima che la linea si interrompesse. Purtroppo, la chiamata fu considerata uno scherzo. Nessuno intervenne.

Pochi giorni dopo, fu il turno di Emmanuel. I suoi aguzzini lo ritenevano posseduto e, dopo torture e vessazioni, lo uccisero. “Il Signore è pronto a fare il miracolo e resuscitare il bambino, ma bisogna credere”, scriveva Carandente, in un altro messaggio inquietante. In un audio, lo stesso uomo sosteneva che la madre era finita all’inferno “perché non aveva creduto”, mentre il figlio sarebbe “in paradiso”.

L’ultimo a morire fu Kevin, il figlio maggiore

La strage si è conclusa con l’uccisione di Kevin, 16 anni. Anche lui torturato e ucciso perché ritenuto indemoniato. Gli inquirenti hanno ricostruito l’intera sequenza dei fatti, avvenuti nella villetta di contrada Granatelli tra il 3 e il 10 febbraio 2024, documentando il coinvolgimento diretto di tutti gli imputati.

A confermare la premeditazione, anche le chat e i messaggi intercorsi tra gli autori del massacro. La figlia maggiore di Giovanni Barreca, presente in casa durante quei giorni, è già stata condannata in primo grado a 12 anni e 8 mesi in un procedimento separato davanti al Tribunale dei Minori.

Il processo e la richiesta di giustizia

Il processo in corso a Palermo punta a fare piena luce sulla dinamica dei fatti e sulle responsabilità dirette di Barreca, Fina e Carandente. Gli inquirenti non hanno dubbi: si è trattato di un delirio mistico portato alle estreme conseguenze, alimentato da fanatismo religioso, ossessioni personali e un contesto familiare esplosivo.

In un’aula colma di tensione e silenzio, il racconto delle ultime ore di Emmanuel, Antonella e Kevin continua a sconvolgere. Tre vite spezzate nel nome di un’ideologia folle, annunciata giorni prima con messaggi e parole che nessuno ha fermato. Ora, la giustizia è chiamata a dare risposte. Ma per l’orrore consumato tra quelle mura, nessuna sentenza potrà davvero restituire ciò che è stato tolto.

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