Non è un giorno come gli altri, il due agosto, nel nostro paese. La commemorazione della strage neofascista alla Stazione di Bologna non è mai vissuta come rito fine a se stesso ma come l’instancabile grido di chi chiede verità e giustizia per gli 85 morti di Bologna e per tutti i morti di quella stagione di sangue. Un grido che sale dalle strade e dalle piazze di Bologna ogni anno da 44 anni.
E ogni anno ci sono più persone, più ragazzi e più ragazze a rendere quel grido più forte
Già perché se la verità processuale ha assegnato ruoli ben precisi per chi commise e per chi commissionò quel massacro, mancano ancora alcuni tasselli su chi quei mandanti coprì. E poi c’è chi continua a negare la matrice neofascista della strage e confondere le acque di quegli anni bui, in cui destra eversiva, destra politica e poteri occulti tentarono di rovesciare la nostra democrazia. Un negazionismo che coinvolge anche la destra di Governo, incapace di chiamare “fascista” la strage di Bologna. Il grido di Bologna è necessario. Necessario ai negazionisti per far capire loro che non arretreremo di un passo; per rinnovare ogni anno l’impegno nella lotta contro ogni fascismo vecchio e nuovo.