Così la prima cittadina torinese sulla sua pagina Facebook:
Gli anni scorsi ho avuto modo di partecipare agli incontri organizzati dalla Polizia di Stato per la prevenzione verso questo odioso fenomeno. Iniziativa encomiabile che dimostra come lo Stato sia presente e attento.
Iniziative in tal senso sono portate avanti anche dalla nostra Polizia Municipale che, nel tempo, si è dotata di strumenti per monitorare il fenomeno e prevenirne le conseguenze ogni qualvolta sia possibile.
Comun denominatore è quasi sempre l’attenzione ai giovani
Doverosa e necessaria poiché sono proprio loro – siete voi – i più colpiti dal cyberbullismo, in ogni sua forma.
Sono certa che in questi giorni c’è ampiamente tempo e modo di affrontare il tema, con persone molto più preparate di me in proposito. Vorrei però provare, nel mio piccolo, ad allargare il campo e a invitarvi a pensare se la lotta senza quartiere che tutti dobbiamo intraprendere contro il cyberbullismo, non possa trovare in realtà spazi di successo rivolgendosi non solo ai giovani, ma anche ai più grandi.
È di pochi giorni fa una notizia titolata come segue: “Parcheggia sul posto dei disabili poi chiede scusa e si multa, ma finisce nella bufera social: vigile si uccide”.
Già, proprio come avete letto
È successo in provincia di Brescia. E di sicuro i protagonisti degli insulti che avrebbero portato al tragico gesto non sono ragazzini. Non si tratta di reati commessi da minori ma di adulti che, almeno sulla carta, dovrebbero avere più esperienza e più consapevolezza del mondo che li circonda.
In molti pensano: “ma come è possibile addirittura arrivare ad uccidersi per un commento su Instagram?”.
È possibile, ve lo assicuro
Io non lo auguro a nessuno, ma trovarsi nel centro del pubblico ludibrio è un’esperienza terribile.
Checché se ne dica, ognuno di noi, per vivere in questa società, sente l’esigenza di un’accettazione sociale. E quando questa accettazione non solo non c’è, ma diventa rifiuto, insulto, ingiuria, minaccia, viene spontaneo pensare che in quella società non si ha letteralmente più senso di esistere.
La vergogna sociale colpisce nel profondo la dignità e l’identità di un individuo, e la sensazione di chi ne è colpito è che non se ne esce, che nulla sarà mai più come prima. Quindi prima fingi che vada tutto bene, tacendo le tue emozioni, poi ti isoli, poi smetti di prenderti cura di te stesso. E, se a quel punto sei davvero solo, puoi arrivare a pensare a gesti tragici.
Guardate, io stessa, come personaggi pubblico, più volte sono stata vittima della gogna mediatica. Sui social e non solo. E badate bene, non si tratta di essere sindaci, presidenti, famosi o non famosi. L’identità, la dignità, i sentimenti più profondi, sono uguali per tutti. Non pensate che facciano meno male.
La differenza la fanno due cose, la propria consapevolezza e, soprattutto, la presenza di persone che ci vogliono bene e che ci sanno ascoltare.
Quindi, oggi, voglio lasciarvi con due messaggi
Il primo. Il cyberbullismo è un fenomeno odioso che coinvolge tutti. Grandi e piccoli. Sebbene il discorso sia da approfondire, i grandi non possono pensare di insegnare ai più piccoli ciò che loro stessi non sono in grado di fare. I più piccoli non possono pensare che questo genere di reati possa essere giustificato dalla loro età.
E, badate bene, anche prima ho parlato di “reati” e non, come a volte ho sentito, di “bravate”.
Non sono bravate. Qui può esserci in ballo la vita delle persone. Sono reati.Il secondo. La prevenzione parte innanzitutto da un’educazione che non sta solo nell’utilizzo degli strumenti, ma anche nel creare una maggiore consapevolezza di sé. Nel rinforzare l’identità dei più piccoli ma, soprattutto, nel creare una rete.
Solitudine ed indifferenza sono tra i peggiori mali del nostro tempo. Non permettiamo che si prendano le nostre vite. Non facciamo in modo che chi si macchia di gesti odiosi come atti di bullismo, reali o digitali, possa trovare un alleato nella solitudine.Concludo ringraziando tutte e tutti coloro che combattono ogni giorno per sradicare bullismo e cyberbullismo.