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Roma, D’Orsi: “Il giornalismo italiano è morto. Censurandomi hanno solo fatto clamore”

Radio Cusano Campus

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Angelo D’Orsi, storico della filosofia, è intervenuto su Radio Cusano Campus durante il programma “Battitori Liberi”, parlando delle polemiche legate agli eventi a lui dedicati e annullati a Torino. D’Orsi ha denunciato dinamiche di censura, un clima di limitazione degli spazi di libertà e un’informazione che, a suo giudizio, avrebbe abbandonato i principi del pluralismo. L’intervento ha affrontato anche il tema del dissenso in tempo di guerra e il rapporto tra politica, sinistra e opinione pubblica.

Le accuse di censura e l’effetto boomerang

D’Orsi ha sostenuto che la censura subita avrebbe generato l’effetto opposto, aumentando interesse e partecipazione: inizialmente attesa per 50 persone, l’iniziativa avrebbe raccolto 500 presenze e oltre 10.000 collegamenti online. Ha ringraziato ironicamente Carlo Calenda, Pina Picierno e altri esponenti politici per quella che definisce “la caccia al putiniano”. Durante l’evento annullato, D’Orsi aveva annunciato una seconda iniziativa dedicata proprio al tema della censura e alla riduzione degli spazi di libertà che, secondo lui, caratterizzerebbe i periodi di guerra.

Ha aggiunto di non essere consapevole che l’Italia si trovasse “in una guerra non dichiarata”, spiegando di aver organizzato in un mese un nuovo incontro con intellettuali, giornalisti, artisti e scienziati italiani. L’evento, previsto in un teatro di Torino regolarmente affittato, sarebbe stato nuovamente negato, circostanza che D’Orsi ha definito motivo di “gigantesco stupore”. Ha ricordato la presenza prevista di figure come Rovelli, Canfora e Barbero e ha annunciato che, dopo questa seconda negazione, intende portare l’iniziativa in tutta Italia.

Le critiche al sistema dell’informazione

Il filosofo ha duramente attaccato il giornalismo italiano, definendolo “morto” e giudicando “una vergogna” i titoli che lo descrivono come filorusso. Ha citato la prima pagina de La Repubblica che parlava di un “incontro filorusso saltato”, sostenendo che nel titolo dell’evento contestato la parola “Russia” non fosse neppure presente. Ha denunciato quella che definisce una “deformazione della comunicazione” e una tendenza a qualificare il dissenso come tradimento.

Secondo D’Orsi, tali dinamiche avverrebbero “nel nome della democrazia”, richiamando il fatto che anche guerre dal 1991 in poi sarebbero state condotte in nome della democrazia stessa. A suo avviso, invece, la democrazia dovrebbe impedire il ricorso alla guerra.

Le critiche alla sinistra e al Partito Democratico

D’Orsi ha affermato che alcune tra le critiche più ostili nei suoi confronti provengono da esponenti di sinistra, citando Gori, Calenda e Picierno. Ha sostenuto che il Partito Democratico “non ha nulla a che fare con la sinistra” e avrebbe abbandonato uno dei valori storici fondamentali della tradizione della sinistra: l’opposizione alla guerra. Secondo il filosofo, il PD oggi sarebbe parte di quello che definisce “il partito della guerra”.

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