Il 17 giugno 2022 è entrata in vigore la forma definitiva del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), emanato con il Decreto Legge n. 83 in attuazione della Direttiva UE 2019/1023. Si tratta di un cambiamento epocale rispetto alla vecchia legge fallimentare del 1942: il focus normativo si è spostato dalle aziende già in stato di insolvenza alla prevenzione delle situazioni di difficoltà per le imprese in buona salute. Non si tratta più dunque di agire su una “fotografia dell’esistente”, ma prima che questo esistente diventi impossibile da risolvere.
In cosa si traduce tutto ciò? Le nuove disposizioni del legislatore impongono di monitorare costantemente gli indicatori di performance, questo nell’ottica di individuare tempestivamente i segnali di criticità e intervenire prima che sia troppo tardi.
Per riuscire nell’intento non basta però la buona volontà, né la disponibilità di tutte le figure coinvolte (collaboratori e dirigenti) a mettersi in discussione: occorre avere dati certi, conseguire report attendibili. È in questo contesto che i software crisi impresa si stanno affermando come programmi sempre più diffusi tra le PMI italiane. Facciamo il punto della situazione.
Gli indici di allerta previsti dal CCII
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza individua tre categorie principali di condizioni di squilibrio che le imprese devono monitorare con cadenza trimestrale. Vediamoli uno per uno nei dettagli:
- squilibri di reddito: se presenti, segnalano che l’azienda non produce margini sufficienti a coprire i costi gestionali. Questa situazione diventa particolarmente critica quando coesiste con uno squilibrio finanziario;
- squilibri patrimoniali: si verificano quando il patrimonio netto o il margine di struttura risultano negativi. Tale situazione porta alla luce uno scompenso dove pesano elementi economici, finanziari e gli interessi passivi generati da capitali di terzi;
- squilibri finanziari: la loro comparsa indica che l’impresa non riesce a far fronte alle scadenze di breve periodo, a fronte di un Capitale Circolante Netto negativo che segnala una tensione finanziaria in atto o imminente.
Oltre a questi tre indicatori generali, il CCII prevede il monitoraggio del DSCR (Debt Service Coverage Ratio), che misura la sostenibilità del debito confrontando i flussi di cassa previsti con quanto l’azienda deve effettivamente saldare. Aggiunge inoltre degli indicatori settoriali specifici in base all’ambito di riferimento: dalla sostenibilità degli oneri finanziari all’adeguatezza della condizione patrimoniale, passando per liquidità e indebitamento tributario-previdenziale.
Perché le aziende stanno adottando software dedicati
Monitorare manualmente gli indicatori ogni tre mesi, elaborando dati affidabili e confrontandoli con le soglie normative, appare difficile e persino controproducente. Questo perché oltre a richiedere competenze tecniche avanzate e una considerevole quantità di tempo espone a errori: basta un dato sbagliato e tutto il documento risulta inattendibile.
È questa la ragione che spinge sempre più aziende a preferire un software dedicato alla crisi d’impresa, in grado di elaborare costantemente i dati aziendali, aggiornare in tempo reale i parametri e segnalare automaticamente eventuali criticità.
La tecnologia cloud permette di accedere alle analisi da qualsiasi dispositivo e luogo, con un’interfaccia intuitiva che rende fruibili anche informazioni complesse. La piattaforma, nelle soluzioni più avanzate che si avvalgono dell’AI, può essere modulata a misura delle caratteristiche della singola impresa, in relazione al settore di appartenenza e alle specificità organizzative. Il risultato è un monitoraggio affidabile che trasforma un obbligo normativo in un’opportunità concreta per il business, dando valore concreto all’opera del legislatore.











