BRACCIANO – OSPEDALE PADRE PIO. PERCHE’ IL TAR HA RESPINTO IL RICORSO DEI COMUNI. SETTE RISPOSTE A SETTE MOTIVAZIONI.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio si è pronunciato definitivamente in merito al ricorso proposto dal Comune di Bracciano e sottoscritto dai Comuni di Anguillara Sabazia, Trevignano Romano, Manziana, Canale Monterano, Cerveteri e Ladispoli notificato il 31 dicembre 2010 contro la riconversione dell’ospedale Padre Pio. Dopo le due ordinanze cautelari emesse il 10 febbraio 2011 per disporre incombenti istruttori presso la Regione Lazio e per accogliere due mesi dopo l’istanza incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, il Tar ha eccepito l’inammissibilità del ricorso nel merito e ne ha decretato il rigetto, spiegandone le motivazioni.
Per scongiurare il declassamento del Padre Pio in ospedale distrettuale di II livello (tipo B) così come enunciato nella Riorganizzazione della rete ospedaliera (decreto 80 del 30 settembre 2010), il Comune di Bracciano e i Comuni limitrofi  hanno presentato a sostegno delle proprie ragioni sette principali deduzioni. “Negli ultimi tre anni sono stati investiti oltre 5 milioni di euro per la riqualificazione dell’ospedale, sono stati realizzati nuovi locali per il Pronto soccorso, quattro posti di terapia e, due sale operatorie inaugurate di recente, a fronte di tali migliorie appare illogico dismetterne l’utilizzo senza tener conto degli investimenti effettuati”.
“L’ospedale di Bracciano è una delle poche strutture nel Lazio ad effettuare interventi di rimodellamento osseo, 488 interventi chirurgici ortopedici a fronte di 1000 interventi effettuati negli ospedali pubblici della AslRmF e ciò vale anche per il Pronto soccorso che ha trattato patologie di alta complessità con 3144 codici gialli e 197 codici rossi”.
Nel terzo punto i Comuni contestano la percentuale di ricoveri rifiutati che corrisponde secondo loro all’ 8,4 per cento,  invece del 39 per cento dichiarato dalla Regione e nel quarto punto dichiarano che “la distanza dagli atri presidi ospedalieri è errata, poiché questi non sono raggiungibili in un lasso temporale di 45 minuti, senza contare lo stato delle strade”.
L’errore nella valutazione del bacino di utenza è il quinto punto su cui i Comuni si appellano “poiché il comune di Bracciano e i comuni limitrofi hanno avuto, negli ultimi anni, una imponente immigrazione dalla capitale con un incremento della popolazione di circa il 32 per cento, senza tener conto del forte aumento che si verifica nel periodo estivo”.
Inoltre “il tempo medio di permanenza nel Pronto soccorso risente di tante variabili non considerate nel provvedimento impugnato, prima tra tutte il rapporto tra il numero di posti letto per abitante che con la nuova organizzazione in macroaree e in considerazione della eliminazione 77 posti letto di degenza al Padre Pio ed il conseguente aumento di 36 posti letti al San Paolo di Civitavecchia  è destinato a scendere ulteriormente”. Sempre all’interno del sesto punto viene fatto notare che “nel considerare i tempi d’attesa, di trattamento e di ricerca del posto letto, il provvedimento non ha tenuto conto che l’ospedale in questione è stato oggetto di importanti lavori di ristrutturazione nel periodo temporale preso in considerazione, con conseguente pregiudizio per l’attività sanitaria e che la percentuale di inappropriatezza dei ricoveri (26,1 per cento) provenienti dal Pronto soccorso è dipeso dall’anomala prassi di effettuare i ricoveri in Day hospital attraverso il P.S non essendo attivo il servizio accettazione diretta dei pazienti”.
Infine “il Commissario ad acta non ha tenuto conto che l’ospedale di Bracciano è sede di taluni corsi universitari, frequentati attualmente da oltre 200 studenti, svolti in accordo con l’università La Sapienza di Roma, il Comune di Bracciano e la AslRmF”. “I Comuni ricorrenti, dopo aver ribadito l’impossibilità di raggiungere i nosocomi limitrofi entro tempi ragionevoli, propongono che quantomeno si attivi un Modulo di Emergenza di tipo C e non di tipo B come prospettato”.
Prima di rispondere punto per punto alle questioni poste dai Comuni, il collegio dei magistrati del Tar ha ripercorso le ragioni che hanno indotto la Regione Lazio ad adottare tale provvedimento. “I vincoli posti dal Patto per la salute e dal Piano di rientro del debito – si legge nella sentenza – impongono un nuovo assetto del Servizio sanitario nazionale (SSN), anche attraverso la rimodulazione dell’offerta ospedaliera per acuti e post acuti, che comporti un utilizzo appropriato dei servizi ad alto impegno tecnologico e ad elevato costo. A questo fine il modello assistenziale che si è ritenuto di privilegiare è quello dell’ospedale distrettuale, che è una struttura a vocazione multifunzionale ed a gestione multi professionale/multidisciplinare, ove l’attività viene svolta in forma integrata […]. L’ospedale distrettuale di II livello (tipo B), vale a dire Punto di primo intervento (PPI), viene organizzato a copertura delle 24h con assistenza prestata dai medici ospedalieri con eventuali letti tecnici per pazienti necessitanti una breve osservazione per poi disporre il trasferimento in sicurezza al presidio ospedaliero appropriato. Tale modulo, infatti, prevede una postazione 118 ed Elisuperficie ai sensi del DCA n. 65 del 2010”.
“Con il primo motivo, la scelta dell’Amministrazione è ritenuta illogica ed irrazionale a fronte di significative migliorie apportate all’ospedale in argomento negli ultimi anni, volte alla riqualificazione della struttura medesima. La scelta di riconversione della struttura interessata rientra nel più ampio assetto programmatico che la Regione ha assunto in ordine alla riqualificazione dell’assistenza territoriale imposto dagli obiettivi fissati dal Piano per la salute 2010-2012, consistenti, in particolare, nella riduzione degli standard dei posti letto ospedalieri accreditati, stabiliti in numero non superiore a quattro posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e post-acuzie, adeguando le dotazioni organiche dei presidi pubblici. A ciò si aggiunga che la L.R. 24 dicembre 2010, n.9, art. 2, co. 16 ha stabilito, a decorrere dal 1 gennaio 2011, l’impossibilità di effettuare nuovi ricoveri a carico del SSN su posti letto eccedenti quelli contemplati nel decreto del Commissario ad acta n. 80 del 2010 […], la scelta è imposta dal predetto Piano per la salute 2010-2012 ed è giustificata dal consistente risparmio di spesa che può essere raggiunto”.
Per quanto riguarda il secondo e terzo punto, il Collegio ha osservato che “le predette valutazioni scaturiscono dall’analisi dei dati di attività del Pronto soccorso dell’anno 2009, dai quali si rileva che gli accessi registrati al P.S. sono stati 19.432 di cui il 13,7 per cento è stato oggetto di ricovero in reparto di degenza. Le contestazioni dei ricorrenti non sembrano sorrette da adeguato supporto probatorio. Comunque i parametri che scaturiscono dal rapporto tra accessi in Pronto soccorso con esito di ricovero ed il totale delle dimissioni acuti in regime ordinario che è pari al 95,6 per cento e la percentuale dei ricoveri provenienti dal P.S. a rischio di inappropriatezza che è pari al 26,1 per cento, denotano una scarsa capacità di filtro al ricovero del P.S. Altro elemento rilevante è l’alta percentuale di ricoveri suggeriti dal P.S. e rifiutati dal paziente, pari al 39 per cento, che denota una sfiducia del paziente verso l’ospedale di Bracciano […] il documento rilasciato dal PS che riporta un dato diverso, indicando nell’8,4 per cento la percentuale dei ricoveri rifiutati, seppure fosse vero, comparando tale elemento con altri dati, come ad esempio l’alta percentuale di ricoveri effettuati presso altre AUSL per le specialità presenti nella struttura, si evince comunque che sussiste una propensione degli assistiti a preferire altri presidi sanitari”.
Al quarto motivo del ricorso introduttivo il Collegio ha osservato che “la Regione Lazio ha depositato una analisi storica dei dati del 2010 in relazione ai tempi di percorrenza con i presidi ospedalieri limitrofi elaborata dalla ISED S.p.a, società che gestisce i sistemi informativi di ARES 118, da cui si ricava che il tempo di percorrenza dai comuni limitrofi sia in media di 35/40 minuti, quindi al di sotto della golden hour”.
“Analogamente infondato è il quinto motivo con cui viene dedotto l’errore nella valutazione del bacino di utenza – ha rilevato il Collegio – i punti di primo intervento ricevono apposito adeguamento del servizio in relazione al bacino di utenza e ciò sia in relazione all’incremento della popolazione sia in relazione alla momentanea alta densità turistica, l’ENAC dichiara che l’elisuperficie a servizio dell’ospedale Padre Pio può essere ritenuta idonea e, quindi, autorizza l’uso per le operazioni diurne e notturne”.
Al punto sei la Sezione Terza Quater del Tar considera “che il numero dei posti letto è stato a suo tempo predeterminato sia dal decreto n.17 del 2010 che dal Patto della salute Stato-Regioni, sicché il decreto n. 113 del 31 dicembre 2010 impugnato è atto consequenziale, il cui contenuto non poteva essere diverso dalle linee programmatiche già fissate, tuttavia a seguito della dismissione dell’attività per acuti dal predetto nosocomio la Regione ha provveduto ad attivare un’offerta assistenziale equivalente presso l’ospedale di Civitavecchia e presso l’Azienda ospedaliera S. Andrea”.
Infine riguardo ai corsi universitari tenuti presso la sede dell’ospedale Padre Pio la risposta del Collegio è stata secca “si osserva che non è elemento che possa giustificare la non riconversione dell’ospedale come predisposto dalla Regione Lazio”. L’autorità amministrativa ha infine risposto alla proposta da parte dei Comuni di ottenere un ospedale distrettuale di tipo C con la considerazione che “ciò sembrerebbe rispondere meglio alle necessità degli utenti del SSN residenti nelle zone servite dal predetto nosocomio, ma tuttavia la scelta del tipo di presidio più appropriato rientra nella discrezionalità della Regione Lazio”.

   Iris Novello [foldergallery folder=”cms/file/BLOG/5248/” title=”5248″]

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