Flop Alitalia, la colpa è stata, è e sarà sempre dei lavoratori



Siamo alle solite, con l’arrivo dei commissari che prenderanno “per mano” l’Alitalia e il prestito ponte che, come già successo in passato, garantirà circa sei mesi d’aria alla compagnia di bandiera, ci si aspetta a breve l’attacco indiscriminato verso un unica categoria responsabile del disastro: i lavoratori.

Già nel 2008 la pressione mediatica condizionò fortemente l’opinione pubblica indicando nei dipendenti il nocciolo della questione, rappresentati come lavoratori privilegiati con bonus, viaggi e chi più ne ha più ne metta. Oggi più che mai, dopo il referendum che ha visto trionfare il “no” e la volontà di chi ha dato tutto per un azienda in cui credeva, di non voler cedere all’ennesimo taglio di stipendio per permettere di “salvare” il salvabile.

Ancora una volta loro, i lavoratori, passeranno per irresponsabili anzi responsabili del fallimento della compagnia di bandiera. Già in giro per i social network si leggono commenti quasi al limite della denuncia che li prendono di mira con un comune denominatore “avete un posto di lavoro tenetevelo”. Nel frattempo nel 2016 l’Alitalia accumulava debiti per 600 milioni di euro.

Prima il 2008, poi il 2014 e infine il 2017, nove anni e siamo vicini al terzo fallimento, lo “storico” ingresso di Etihad, presentato in stile hollywoodiano dell’ ex presidente Renzi in cui veniva presentata la compagnia di bandiera del futuro, divisa tra chi era rimasto dei famosi capitani coraggiosi, (per la cronaca gli attori principali del secondo fallimento) la compagnia araba e un pezzetto di Poste Italiane, “il decollo di Alitalia è il decollo dell’Italia, il decollo dell’Italia è il decollo di Alitalia, se vola Alitalia vola l’Italia …”, una frase degna del peggior comico italiano.

In tutto questo ancora non è chiaro quanto l’investimento degli arabi abbia realmente aiutato l’Alitalia o l’abbia definitivamente affossata, forse con un intento differente della join venture prefissata.

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Etihad per entrare in Alitalia con il 49% del capitale sborsò in totale 560 milioni di euro – si legge in una nota rilasciata dal M5S. – In realtà solo 387 milioni (il costo di un boeing) è stato capitale di rischio, il resto è stato shopping dei nostri pezzi pregiati. Come è emerso successivamente Etihad ha preteso per entrare in Alitalia che le fossero cedute a prezzo di favore:

  1. I 5 slots di Londra Heathrow pagandoli 60 milioni di euro ossia appena 12 milioni l’uno quando ne valevano almeno 70 milioni sempre cadauno. Poco prima Air France aveva venduto un analogo slot a Oman Air per 75 milioni di euro.
  2. Alitalia Loyalty ossia le pregiate mille miglia, i programmi fedeltà (clienti fidelizzati) che valgono oro per le compagnie, pagandola 112 milioni ossia molto meno del loro valore reale.

Non è finita perché Etihad ha preteso accordi truffa di code sharing tutti a loro favore. In cosa consistono questi accordi? Se per un tratta compro un biglietto Etihad ma il viaggio lo faccio con Alitalia gli arabi ci riconoscono max 200€; al contrario se per la stessa tratta compro un biglietto Alitalia ma il servizio lo fa Etihad noi versiamo loro 400€: praticamente il doppio per lo stesso servizio. Alitalia ha smentito con un comunicato stampa quanto sopra però non intende mostrare i contratti.

Queste informazioni sono state diffuse da gole profonde attendibili e rese note dal Sole 24 Ore che ha anche fatto un calcolo che lascia basiti. Se sommassimo:

  1. il risparmio di 315 milioni per l’acquisto degli slots, che Etihad ha prontamente riaffittato a caro prezzo alla stessa Alitalia;
  2. l’acquisto a prezzo di sconto di Alitalia Loyalty (almeno il 50% in meno)
  3. i vergognosi accordi di code sharing,

la compagnia emiratina non solo non ci ha rimesso un euro dall’investimento in Alitalia ma ci ha anche addirittura guadagnato. Praticamente gli arabi ci hanno fatto un bel servizietto.

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Quindi, a farsi due conti, il coinvolgimento dei  dipendenti è sicuramente marginale, anzi è da sottolineare che dal 2008 ad oggi le buste paga dei lavoratori si sono già sgonfiate di parecchio, parliamo di cifre importanti che hanno influenzato fortemente l’economia delle famiglie e quindi del paese. Ricordiamolo ai tanti che si ergono a giudici pur non avendone l’autorità che l’Alitalia non è solo piloti e comandanti ma soprattutto operai ed impiegati che tutti i giorni lavorano all’aperto a prescindere dalle condizioni meteorologiche, pioggia, vento, sole, caldo non fa differenza e tra loro un esercito di lavoratori stagionali con un futuro incerto arrivati ormai ad oltre dieci anni di stagionalità con il rischio altissimo che  oggi siano messi direttamente alla porta e… arrivederci.

Intanto, nessuno replica sui maxi stipendi di manager, consulenti, buone uscite e inutili cambi di livrea.

Ad oggi l’unico piano, che tra l’altro è stato bocciato,  è stato quello presentato da Gubitosi, respinto, caso strano, proprio dai lavoratori, sembrerebbe quasi una regia studiata a tavolino. Piani alternativi ce ne stavano? Uno sicuramente, quello presentato dal Comune di Fiumicino che al momento è stato, forse, volutamente snobbato.

A questo punto vogliamo ripetere la domanda: di chi sarebbe la colpa dell’ennesimo fallimento di Alitalia?

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