Election? Resurrection



Ci  si stava annoiando un poco nelle ultime fasi delle elezioni americane, Michelle Obama, la first lady uscente, aveva lasciato già gli appunti: innaffiare l’insalata, i pomodori non sono ancora maturi, nel ripostiglio sono avanzate delle zucche. Hillary Clinton, aspirante presidente per il partito democratico, non   sappiamo se fra le  altre abilità possieda pure il pollice verde, ad ogni  modo  si era impegnata a non far seccare le piantine degli aromi e tutto sommato  pareva un buon inizio.

Donald Trump invece, il candidato repubblicano, curava un elemento che era sempre sotto l’occhio dei riflettori: il suo riporto, inquadrato e analizzato  nei minimi particolari. Lo ha fatto così bene, che gli elettori alla fine si sono affezionati! Lasciando un attimo da parte programmi, convinzioni e pure i colpi bassi reciproci, che non sono mancati, si può dire che gli aspetti di costume sono quasi prevalsi su quelli politici, nessuno avrebbe scommesso due lire sulla vittoria di Trump, ma chi lo ha fatto avrà guadagnato una fortuna. Media e  organi di stampa  sono apparsi sconcertati e c’è chi  cerca ancora conferma dell’elezione  dandosi dei pizzicotti sulle braccia.

Alcuni inviati, spediti ad intervistare i possibili  elettori, si sono fatti ospitare in casa loro,  adesso è così che funziona,  il vitto e l’alloggio di chi informa è a carico di chi ne usufruirà leggendo i giornali e guardando la televisione. Durante questa campagna  elettorale poi si è pianto molto, promesso tanto e telefonato parecchio. Nelle “phone rooms”, stanze del telefono, i sostenitori, quasi segregati, compulsavano gli elenchi dei simpatizzanti per spingerli ad andare a votare. Invece dall’alambicco da cui doveva uscire semplicemente una conferma è uscita una sorpresa che non si sa come funzionerà, ma  ha il sostegno degli strati profondi della società americana  che cercava una via  per tornare protagonista stanca della crisi, preoccupata di quella che ritiene un’ingerenza dello stato in questioni personali quali la salute e l’assistenza, turbata dai disordini razziali.

L’elettorato democratico, formato dalla middle class istruita e da giovani  donne e  minoranze  ha dato l’impressione di non aver capito questo disagio. Come  se, andando convinto alle conventions per  chiedere un mondo più giusto, avesse lasciato a casa il personale che stufo della situazione generale ha deciso  di fare qualcosa, perchè fuori c’è un mondo che cambia e preoccupa. Sarà per questo che almeno per ora la famosa valigetta con i codici nucleari nessuno l’ha tirata fuori. Qualcuno pare abbia detto: aspettiamo un po’, diciamo che  la stiamo cercando e se facessimo prima una prova? Tanto per stare sicuri di non sbagliare pulsante?

Preoccupazioni  legittime,  se si pensa che sul nostro affollato pianeta ci sono più bombe atomiche che panini! La realtà  però s’impone sempre  e Donald Trump è a tutti gli effetti il 45° presidente degli Stati Uniti, dimostrando con la sua elezione  che le cose possono cambiare in maniera inaspettata. Ci vorrà tempo per capire dove agirà il cambiamento e   quali conseguenze porterà. Una cosa appare certa, non ci si potrà adagiare, come in passato, su ragionamenti   scontati   come due più due fa sempre quattro. Quei tempi sono passati.

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