Lavoro, dignità e reddito di cittadinanza



“Il lavoro nobilita l’uomo” ha scritto Marx ne Il Capitale e nel primo articolo della nostra Costituzione è scritto che “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. Sia per il filosofo tedesco sia per i nostri padri costituenti, il lavoro è un elemento vitale, cardine fondamentale nella vita di tutti noi. E’ attraverso di esso che ognuno di noi deve realizzare le proprie capacità e ambizioni, per edificare di conseguenza una società migliore.

La realtà italiana oggi narra di lavoro che non solo latita ma che è anche sempre più di pessima qualità. Disoccupazione e precariato sono le parole che per milioni di connazionali hanno sostituito il sostantivo lavoro; con esse sono entrate nelle loro vite anche stati d’animo come sfiducia e depressione.

Tra i record che l’attuale governo può vantare, ci sono quello della disoccupazione giovanile e quello generale. Bene, anzi male, l’attenzione dei media (quei pochi che hanno il coraggio di uscire fuori dal coro belante) si concentra solo sulla mancanza di lavoro nei giovani, e sono inspiegabilmente tralasciati gli stati di quanti non sono più giovani ma vivono lo stesso la sventura d’essere disoccupati. Gli Over 40 che non lavorano sono come la polvere, da nascondere sotto il tappetto dell’omertà. A furia, però, di nascondere la polvere è arrivato il giorno che quanto si è accumulato è fuoriuscito.

L’Italia vive un dramma nella tragedia. Se la situazione di giovane disoccupato può trovare un ammortizzatore sociale nella propria famiglia (sia chiaro, è sempre una vergogna), lo status di disoccupato Over 40 è reso ancora più angoscioso dal fatto che il più delle volte c’è un’intera famiglia da mantenere. Aggiungiamo, poi, che molte agenzie interinali o bandi di concorso impongono limiti d’età nel reclutamento dei lavoratori. In pratica si sono create le basi per una guerra civile tra poveri, dove nessuno sarà vincitore. Pensiamo anche al paradosso della lunghezza del periodo scolastico formativo che ha fatto sì che l’accesso alle professioni è intorno ai trent’anni.

L’Italia, quindi, è diventata una nazione dove hai grosse percentuali d’essere disoccupato. Solo che se sei giovane, di te si parla sui media; non perché, però, vogliono cercarti un lavoro. Se ne parla perché è un modo per trovare una scusa per alienare quel poco di diritti che ti sono rimasti, jobs act docet. Nel mentre, ai quarantenni e cinquantenni non viene dato un sussidio e neanche è concesso l’onore delle armi; né giovani né vecchi, ma solo rottami fastidiosi ai quali non spetta nessun diritto. Certi imprenditori, poi, non tutti ma alcuni, non assumono gli over 30 perché con quale coraggio possono dire ad un laureato con esperienza, di fare uno “stage” senza alcun rimborso? La loro faccia tosta ha un limite, gliene va dato atto.

Se occorrono grosso modo dodici mesi di attesa per ritrovare una ricollocazione (in peggio) sul mercato del lavoro, è ovvio che molti italiani hanno vissuto o vivono l’inferno. Sì, l’inferno dell’umiliazione della propria dignità, intimità e delle proprie sfere affettive. Immaginate un cinquantenne disoccupato che ha di fronte il figlio che sogna di laurearsi. Qualcuno dirà che ci sono le borse di studio. Rispondo che se gli sono sfuggiti i tagli all’istruzione sicuramente non gli saranno sfuggite le raccomandazioni che ci vogliono anche per accedere a una borsa di studio; chi vive la vita di tutti i giorni ha modo di capirmi.

Allora che fare oltre a dare voce ai disoccupati di tutte le età? La mia ricetta, in sintesi, è fatta di sensibile abbassamento delle tasse sul lavoro (sia per i lavoratori sia per le imprese), riduzione a un massimo di cinque forme contrattuali di lavoro, eliminazione dei limiti d’età nei bandi, abbassamento dell’età pensionabile a 63 anni (lo fa la Germania, da anni presa come esempio da seguire nel settore) riforma degli ammortizzatori sociali con l’introduzione del reddito di cittadinanza. Solo così l’Italia davvero potrà ripartire. Solo così sarà salvaguardata la dignità non solo dei disoccupati ma anche degli occupati. Con il reddito di cittadinanza, molte forme di sfruttamento finirebbero. Un conto è adeguarsi in tempi di vacche magre, un altro è svendere la propria persona. I politici che ci governano, i quali a stento forse conoscono mezz’ora di lavoro, questo lo sanno?

Alfredo Di Costanzo

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Motus vivendi è il suo motto. Ama tutte le declinazioni delle due ruote ed adora vivere nell'universo dei motori. Da quindici anni ha la fortuna di essere giornalista sportivo, occupandosi di tutto ciò che circonda un motore. E' per il dialogo ed il confronto tra chi, pur avendo la stessa passione, ha idee diverse.

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