Mafia capitale: la colpa è anche nostra



Mafia capitale è solo l’ultimo degli scandali che spiattella come tra i politici nostrani sia ancora presente il vizio del “Magna-magna”. I miasmi sono così nauseabondi, che si fa fatica a pensare che provengono da quella che è stata per secoli la capitale civile, commerciale, artistica, culturale, giuridica e militare del mondo. Dal caput mundi, siamo passati al grande capo. Millenni di storia nostra mercificati per milioni di euro, sempre nostri. Una vergogna che annichilisce quanti si spaccano quotidianamente la schiena per cercare di far vivere se stesso e i propri cari una vita dignitosa e onesta. Oltre alle ruberie, raccomandazioni e sperperi di vergognoso, e, a mio parere ancora più irritante, è il comportamento tenuto dai compagni di schifo. Di solito le persone oneste, seppur facenti parte loro malgrado (vuoi per ingenuità o perché fungono da foglie di fico) ad associazioni votate al latrocinio, quando scoprono tali vergogne, ne prendono le distanze, in tutti i sensi. Bene, anzi male, capita di assistere in queste ore non alla dura condanna dei propri compagni, bensì alla difesa degli stessi attraverso la tecnica dello scaricabarile.

Mi spiego meglio: frasi come “Il tuo ha rubato di più”, “È coinvolto maggiormente”, vengono urlate con tono indignato (attenzione in loro di dignitoso non c’è nulla, ma da bravi attori sono abili nell’indignarsi a comando) alla ricerca di una giustificazione. In pratica si lancia il messaggio che quelli commessi dalla propria parte sono dei semplici peccati veniali; un tempo si sarebbe parlato di “Compagni che sbagliano”. Ridicola, poi, è la negazione di conoscenza delle persone coinvolte da parte di alcuni: “Aò chi li conosce? Me devi crede, me possino cecamme!”. Una cecità così profonda da non far comprendere chi erano davvero le persone con le quali si andava a cena, si colloquiava telefonicamente e si ricevevano finanziamenti. Avete presenti quei finti ciechi sbugiardati mentre guidano un’automobile? Solo che qui a smascherare chi guida la res publica sono intercettazioni (ecco perché vogliono limitarne l’utilizzo….), foto, atti pubblici, che inchiodano tutto e quasi tutti, da destra a sinistra, anche quelli che vestiti di verde, con neo accento franco-russo, vanno alla ricerca di voti nella parte d’Italia dalla quale fino a ieri volevano staccarsi (Cosa vorranno, lingotti, lauree, cerchi magici, cani che scappano, posti regionali da dare alle compagne?).

Il bello, in senso ironico, è che c’è anche chi, capo di uno dei partiti maggiormente colpiti dallo scandalo, mentre la barca da lui pilotata affonda, impartisce lezioni di moralità: “Non lasceremo Roma nelle mani dei ladri….il problema non sono le regole ma i ladri”. Insomma, il solito stucchevole aforismario vuoto. Premesso che chi presiede un’associazione o un partito ha il dovere di conoscere chiunque, ripeto chiunque ne sia dirigente, ma davvero vogliono farci credere che la classe dirigente dei partiti della capitale d’Italia non fosse in contatti con le rispettive segreterie? Derubati si, fessi no! Si dimentica, poi, che le regole vengono scritte anche dagli stessi ladri. Quelle regole che permettono all’Italia di essere governata da chi non ha alcuna investitura popolare. La sovranità a chi appartiene? Questa, però, è un’altra storia.

Ritorniamo a lor signori. Vedete, credo che la colpa di questo schifo sia soprattutto nostra. Si avete letto bene: mia, tua, sua, nostra! Chi ha permesso a questi mangioni di essere eletti e gestire la cosa pubblica? Io, te, lui, noi. La colpa è soprattutto della nostra epica arte di arrangiarci. A furia di arrangiarci, abbassare i pantaloni e pensare solo al nostro “particulare”, ci siamo fatti sbranare il passato, il presente e parte del nostro futuro. Spero nell’azione di quella parte di magistratura insensibile alle sirene del potere, al solo servizio del diritto, di ciò che è giusto. Spero, soprattutto, nel nostro riappropriarci della politica.
Vi siete chiesti perché c’è ostracismo alla reintroduzione delle preferenze? A decidere non saranno più loro, ma te, io, lui, noi. Qualcuno obietterà che così la mafia piloterà i suoi voti su chi farà i suoi affari. Scusate, ma oggi la mafia senza preferenze non è ovunque? Ma noi siamo o non siamo numericamente superiori ai mafiosi? C’è o non c’è una magistratura alla quale appellarsi in caso di voti sospetti? Quindi riprendiamoci il diritto di scegliere chi mandare a rappresentarci e non lasciamolo alle segreterie servizievoli dei soliti magnoni. Ritorniamo a occuparci in prima persona delle istituzioni locali. Soprattutto ritorniamo a pretendere ciò che è nostro diritto e non concessione per grazia ricevuta. Torniamo a pretendere un lavoro e una retribuzione degni d’essere chiamati tali. Torniamo a pretendere una sanità che non mortifica chi soffre. Torniamo a pretendere una pensione che permetta di godere serenamente gli ultimi nostri anni. Torniamo a pretendere che chiunque, donna o uomo, bianco o nero, abbia lo stesso punto di partenza nella scala sociale e non sia lasciato disperatamente solo se inciampato. Torniamo a pretendere un’informazione libera e non serva di chi apre i rubinetti dei finanziamenti pubblici. Torniamo a pretendere un paese dove non si creano ad arte guerre tra poveri (la speculazione sull’accoglienza degli immigrati è vergognosa), ma si offre accoglienza ai disperati; ciò non significa l’apertura indiscriminata delle frontiere, anzi. Significa essere un popolo civile che aiuta chi scappa dalle tragedie che colpiscono il suo paese, per permettergli, una volta rimosse le cause, di ritornarci. Torniamo a pretendere che l’economia e la finanza siano al servizio dei cittadini e non il contrario. Per pretenderlo occorre avere la consapevolezza dei propri diritti e la volontà di perseguirli. Per ottenerli occorrono impegno, sacrificio e dovere. Due sono le alternative: soccombere o reagire.

Alfredo Di Costanzo

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Motus vivendi è il suo motto. Ama tutte le declinazioni delle due ruote ed adora vivere nell'universo dei motori. Da quindici anni ha la fortuna di essere giornalista sportivo, occupandosi di tutto ciò che circonda un motore. E' per il dialogo ed il confronto tra chi, pur avendo la stessa passione, ha idee diverse.

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