L’opinionista: CIV vs BSB vs AMA, uno scontro davvero impari

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Il pilota che si cimenta nei campionati nazionali velocità, lo fa per due ragioni precise, la passione e il sogno in un futuro di prendere parte ad un campionato mondiale, che sia di SBK, di SuperSport, di SuperStock o magari di motoGP.

Su carta la trafila è molto lineare, se un pilota è molto veloce e si mette in mostra, “qualcuno” lo noterà e gli darà una chance, purtroppo la realtà è ben diversa, cominciando col dire che i team spendono molti soldi per affrontare un campionato minore e accade spesso che per far correre un pilota chiedano a quest’ultimo un certo budget d’entrata, in pratica la stagione se la paga il corridore con il rischio che tanto talento e pochi soldi da come risultato poca strada e nessuno sbocco.

Questo tipo di formula non è prettamente italiana, nel mondo delle corse è un “mal” comune a livello mondiale, ma abbiamo come l’impressione che qui da noi il fenomeno sia più amplificato.

Per gli amanti del “vintage” qualche anno fa si vinceva l’europeo senza il motorhome e la mega struttura di hospitality, ma con le tende e la gran competenza tecnica.

La cosa preoccupante è quando si mettono a confronto i numeri della classe regina, la SBK, dei principali campionati velocità nazionali come il CIV, il BSB e l’AMA.

La situazione italiana è preoccupante con 14 piloti partecipanti e un calendario di 8 round da disputare, con un livello tecnico non elevatissimo, se togliamo i piloti che lottano per il titolo, e con un affluenza di pubblico davvero scarsa. Quest’ultimo sicuramente il dato più preoccupante, non è possibile assistere a delle gare in cui il pubblico presente non supera il numero dei giornalisti e la nostra impressione è che a livello federale non ci sia una formula adeguata per attirare pubblico pagante che è quello che fa la differenza, cominciando dagli incassi e finendo agli sponsor.

In Inghilterra, nel BSB, dove quest’anno partecipano sia Luca Scassa che Alex Polita, la situazione è ben diversa, prima cosa il numero dei partecipanti nella categoria regina è di 31 piloti con un calendario di 12 prove, un livello tecnico molto elevato, non a caso molti dei piloti usciti dalla “palestra” inglese finisce direttamente al mondiale, Leon Camier, Tommy Hill, Tom Sykes giusto per citarne alcuni. Il pubblico presente alle gare è esagerato con picchi di 35000 presenze, che per essere un campionato nazionale non è affatto male.

In America la situazione è  diversa, l’ambiente sembra più “spartano” senza fronzoli, nella classe regina partecipano 25 piloti con un calendario di 12 prove, pronti a darsi battaglia fino all’ultimo metro con arrivi spesso in volata con più di una moto racchiusa in pochissimi decimi, la competitività è elevata e lo dimostra l’1’49”489 di Josh Hayes sul circuito di Miller soltanto sei decimi più lento della BMW ufficiale di Marco Melandri. La formula americana per il pubblico poi è assolutamente vincente, cercando di portare negli autodromi le famiglie, come spesso accade nelle competizioni motoristiche americane, con tribune piene e tifo sempre caldo.

A questo punto è d’obbligo per la FMI una rilfessione su quanto stia accadendo per evitare di correre il rischio di non arrivare ad un numero di piloti sufficienti per dare vita ad un campionato nazionale SBK, quest’anno ci siamo andati vicini, e di investire ancora più profondamente sui piloti che possano poi rappresentare la nazione nei campionati del mondo di categoria, e, di trovare una formula per attirare appassionati nei circuiti a tifare, a girare nei paddock e a riempire le gradinate.

 

 

Giovanni Soldato

 

 

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Informazioni su Giovanni Soldato 3322 Articoli
Giovanni Soldato, specialista della fotografia.... secondo lui, ottima penna sia in ambito sportivo ma soprattutto nell'ambito dei motori. Nato a Barberino del Mugello appena ha tempo mette le due ruote in pista. Collaboratore de Il Tabloid cura la provincia di Latina, le notizie nazionali e dall'estero.

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