ANGUILLARA – NON BASTA CHIAMARSI DANTE



Se bastasse chiamarsi Dante per pensare di avere la capacità di produrre una seconda “Divina Commedia”, il povero Sommo Padre perderebbe il posto che occupa all’interno della storia della nostra letteratura.
Il concetto è così banale, anzi, così a prova di stupido, che confutarlo crediamo sia assolutamente impossibile.
Non per tutti però, perché nonostante l’ovvietà di cui sopra, sembrano esistere ancora “esperti di scopiazzatura” che appropriandosi di altrui identità (peraltro con la presunzione tipica degli “ignoranti di mestiere”), credono di poterne avvicinare quelle doti che hanno reso gli originali “storiche pietre miliari” del nostro Paese.
Completamente a digiuno dell’importanza della metrica, indispensabile a chiunque voglia cimentarsi in libelli in versi, certi personaggi, così poco fieri della loro genìa al punto di doverne celarne il nome, cercano di millantare capacità letterarie che alla riprova dei fatti si rivelano essere inesorabilmente fuori della loro portata.
Probabilmente perché convinti che un semplice calzolaio (indimenticabile quello interpretato da Manfredi) sia comunque in grado di manifestare quell’arguzia, quella salace ironia, più comuni in Orazio, Marziale, Giovenale, e altri che non in un semplice artigiano senza istruzione, certi tipi quindi, credono di possedere oltre al dono della penna (peraltro facilmente confutabile), anche quello della verità. Potenza di un vile anonimato!
L’ignoranza “dell’emulo de noantri” (je piacerebbe!)  inoltre, è così crassa da fargli dimenticare come i libelli dell’arguto quanto istruito Pasquino (quello originale) rappresentassero invettive moraleggianti soprattutto nei confronti di un sistema politico maramaldeggiante e del suo dilagante nepotismo. Quello stesso sistema di cui invece lui non si vergogna oggi di rappresentarne l’aedo.
Lungi da noi voler interpretare il Marforio della situazione o uno qualunque dei facenti parte de “Il Congresso degli arguti”: non intendiamo infatti instaurare  corrispondenze che non ci interessano e che soprattutto dato il livello dell’antagonista, ci vedrebbero certamente sconfitti sul campo di battaglia degli stolti.
Due versi però ci sfuggono di mano, li scriviamo e con loro chiudiamo l’argomento:

 
Offenni, dileggia, nasconnite er cognome tra li colpi:
Nun sarai mai abbastanza furbo p’entra’ ner gruppo de le VOLPI.
Tranquillo Pavido Ignoto, Nun c’hai pestato nessun callo,
Perché pe’ noi, tu resti solo… ‘n povero SCIACALLO!

Osservazioni e versi di Renato Magrelli [foldergallery folder=”cms/file/BLOG/4555/” title=”4555″]

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