Charlie Hebdo: il nostro 11 settembre



La strage al Charlie Hebdo credo sia una sorta di 11 settembre europeo.  Un attentato al cuore della nostra civiltà, che suona come cupo campanello d’allarme non solo per le nostre coscienze, che va oltre la libertà di stampa. Una strage che dovrebbe svegliare gli addormentati che credono che l’integrazione tra culture diverse debba essere un processo aperto a tutti, anche verso chi in realtà integrazione non vuole.

Analizziamo i fatti parigini: c’è un settimanale satirico che più volte è finito nel mirino dei fondamentalisti islamici per aver pubblicato vignette su Maometto. In particolare le prime caricature risalgono al 2006. In quell’anno il settimanale fu denunciato da alcune associazioni islamiche per una copertina ritenuta offensiva; la testata poco dopo fu assolta. La cronaca di oggi parla di due fratelli franco-algerini armati di AK47 che al grido “Vendicheremo il Profeta!” hanno ucciso dodici persone. Anime colpevoli di cosa? Vite spezzate non da una decisione divina, ma da chi scimmiotta un dio e decide al suo posto.

Una scia di sangue nel nome di Allah. Nel 2015, purtroppo, per alcuni che professano l’Islam, una vignetta sbagliata vale come una condanna a morte. Chi vi scrive è per l’accoglienza di chi gli è diverso e auspica l’integrazione tra le diverse culture. Questo, però, comporta la volontà dei diversi di accettarsi e rispettarsi. Solo se ci sono rispetto e accettazione reciproca, si potrà avere integrazione. Accettazione e rispetto, sia chiaro, che non devono portare alla rinuncia dei propri valori. Bene, siamo sicuri che quanti sono entrati nelle nazioni europee, abbiano tutti voglia di integrarsi, senza imporsi? Da parte nostra (come stato) ho visto massima apertura verso i diversi che ci hanno chiesto di far parte di noi. Certo, va fatto ancora molto, ma ad esempio oggi in Italia c’è assoluta libertà di culto. Si può dire lo stesso di stati come l’Arabia Saudita?

Qualcuno dirà che il crocifisso nelle aule di scuola può offendere qualcuno. Bene la Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta in merito sancendo che non influisce sugli alunni e non lede il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza o di religione. Il mantenimento del crocifisso nelle aule rientra, a mio parere, proprio in quel rispetto e accettazione di cui parlavo prima; si rispetta un simbolo ritenuto fondamentale dallo stato che ha accolto. Qualcuno dice che lo stato deve essere laico. Quel qualcuno mi trova in sintonia; laicità, però, non significa rinnegare i propri valori e le proprie tradizioni. Ripeto l’integrazione deve basarsi sull’accettazione e il rispetto reciproco. Se non avviene ciò, allora occorre reagire. Reagire non è razzismo, ma difesa della propria identità.

Come disse Karl Popper:  “La tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi”.

Tolleranti sì, conquistati mai!

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Informazioni su Alfredo Di Costanzo 27840 Articoli
Motus vivendi è il suo motto. Ama tutte le declinazioni delle due ruote ed adora vivere nell'universo dei motori. Da quindici anni ha la fortuna di essere giornalista sportivo, occupandosi di tutto ciò che circonda un motore. E' per il dialogo ed il confronto tra chi, pur avendo la stessa passione, ha idee diverse.

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